martedì 15 maggio 2012

Il mio romanzo Sotto il cielo di Hale-Bopp

Pubblicato da Foschi all'inizio di aprile, ecco il mio romanzo Sotto il cielo di Hale-Bopp. Qui di seguito le prime recensioni.
L'Uomo Vogue (aprile) segnalazione dell'uscita.
Vogue Italia (aprile) Comet, bloody comet di Davide Bussi
http://www.vogue.it/magazine/libri-e-viaggi/2012/04/comet-bloody-comet
Comete messaggere di sventura? Solo vecchie superstizioni. Di certo, però, quella che illumina le notti di Ancona in un soffocante anticipo di primavera del 1997 non porta fortuna al pittoresco terzetto capitanato da Joe Delirio, ambiguo dj con velleità letterarie. Una catena di equivoci e imprevisti trasforma infatti un facile “colpo” nella casa di un’innocua vecchietta in un incubo grand­ guignolesco che travolge colpevoli e innocenti in una spirale di morte. Succede nel romanzo di Riccardo Angiolani “Sotto il cielo di Hale-Bopp” (Foschi), dove l’autore, sfasando abilmente i piani temporali, guida il lettore alla ricostruzione di un puzzle di eventi tragicomici sullo sfondo di una città poetica e inquietante. Eventi dai quali gli inadeguati e credibili protagonisti, sotto lo sguardo indifferente dell’astro chiomato, escono tutti irrimediabilmente perdenti. Beffati dal destino e sconfitti dalla vita.

Tra anni Ottanta e Novanta: Sotto il cielo di Hale-Bopp di Riccardo Angiolani
di Barbara Baraldi (18/04/2012 )
http://hotmag.me/barbariche/2012/04/18/tra-anni-ottanta-e-novanta-sotto-il-cielo-di-hale-bopp-di-riccardo-angiolani

Ci sono libri che, dopo averli letti, lasciano una scia dietro di sé, come una cometa fatta di emozioni luminose e contrastanti. Uno di questi è «Sotto il cielo di Hale-Bopp», il nuovo romanzo di Riccardo Angiolani appena uscito per i tipi di Foschi editore, in una collana curata da Eraldo Baldini. La storia è ambientata negli anni Novanta, durante il transito della cometa di Hale-Bopp, presenza inquietante e vagamente minacciosa che sovrasta le pagine del romanzo e le traversie dei protagonisti, tra i quali spicca Joe Delirio, definito «l’ultimo dj di quella gotica stirpe che negli anni Ottanta regnava su tutti i locali underground», determinato a recuperare un’antica reliquia dalla casa della nonna. Non un furto, sia chiaro – un recupero. Dopo aver messo insieme una banda di spiantati e un piano apparentemente inattaccabile, però, Joe scoprirà fino a che punto le cose possano andare male. Viscerale, «sporco», avvincente, a tratti grottesco, «Sotto il cielo di Hale-Bopp» racconta anche una serie di eventi collaterali alla trama principale, sulla quale si incastrano alla perfezione, conducendo la narrazione su piani temporali sfasati. La scrittura di Angiolani è pulita, scorrevole, punteggiata di inaspettati e gradevoli picchi di lirismo. E sembra di sentirlo, lo sferragliare dei tir della Statale 16 Adriatica, l’odore salmastro nel labirinto spigoloso del molo di Ancona, i sobbalzi per i sampietrini durante fughe rocambolesche per le stradine della città a bordo di una Uno scassata, le botte tra punk e skinhead al ritmo del riff corrosivo suonato da un basso elettrico.
Il libro è stata un’occasione anche per fare qualche domanda a Riccardo, quindi ciao Riccardo e benvenuto su Scritture barbariche. Il tuo romanzo è ambientato negli anni Novanta. Quali sono le sensazioni che ti scatena il ripensare a quel periodo?
Io mi ritengo un figlio degli anni Ottanta. Per la musica che ascolto, per il look (parola già di per sé così tanto Eighties), per certe idee sulla società e/o politiche che ho. Insomma, quelli sono stati gli anni della mia formazione. I Novanta, invece, sono stati per me il periodo in cui molto di ciò che avevo appreso o sperimentato nel decennio precedente l’ho messo in pratica in modo più sistematico e ragionato, mantendendo pur sempre l’entusiasmo e l’adrenalina punk. Ecco allora il mio impegno come dj in locali importanti delle Marche, dove allora vivevo, e anche le mie prime esperienze letterarie concretizzatesi nelle pubblicazioni con Transeuropa, in quegli anni fucina di talenti giovanili. Oggi a ripensare a quel periodo mi dà un senso di piacere, perché ho dei bei ricordi, soprattutto per quanto rigarda la seconda metà dei Novanta, quando, dopo essere stato a Roma per molto tempo, sono ritornato nella mia Ancona, dove tutto è cominciato.
Nel tuo romanzo, il passaggio della cometa di Hale-Bopp illumina le vite borderline dei protagonisti. Ti identifichi in loro? O la tua posizione è come quella della cometa, che osserva il loro dibattersi, i tentativi di affermazione della loro identità, alla ricerca di una redenzione che appare inafferrabile?
Mi piacerebbe fare la parte della cometa e guardare tutti dall’alto al basso. Ma devo ammettere che in ognuno dei personaggi c’è un pezzetto di me e delle persone che conosco. Quindi sì, mi identifico in loro; o forse sarebbe più corretto dire che un po’ di loro si identifica in me. Come dicevo prima, gli anni Novanta sono per me un bel ricordo, ma questo non si significa che siano stati anni felici. Ho avuto molte soddisfazioni, ma ho trascorso anche periodi molto cupi, per delusioni che hanno lasciato cicatrici che ancora oggi, di tanto in tanto, riprendono a sanguinare. E tutto questo è finito dentro, macinato e tritato, in “Hale-Bopp”. E poi la mia vita, lo dico senza esagerazioni, è stata sempre sull’orlo del borderline (se mi è concesso dire questa frase una po’ paradossale). Per tornare ai personaggi del romanzo, più che cercare una redenzione, credo che i nostri piccoli eroi non sappiamo proprio cosa cercare. Sono esseri viventi smarriti davanti al grande spettacolo della vita, che talvolta può essere davvero terribile come un film di Cronenberg o un racconto di King.
E cosa mi dici dei tuoi punti di riferimento nella letteratura? E ti confesso che mi piacerebbe una tua riflessione sul mondo letterario italiano e i suoi salotti.
Iniziamo dai punti di riferimento. So che può sembrare strano per un lettore che avrà fra le mani la storia di “Hale-Bopp”, ma i miei scrittori di riferimento arrivano da tutt’altro mondo. Amo Raymond Carver per il suo humor nero, lo sguardo lucido, freddo, il senso di minaccia che scopre nel quotidiano, ma anche per il suo forte amore per l’uomo e la compassione per le sue debolezze; leggo sempre con piacere Cesare Pavese, per il suo dolore palpitante; e poi Italo Calvino, che mi affascina per la sua scrittura pulita, per la sua lucidità mentale, per il suo guardare alla letteratura come a un gioco (si legga il bellissimo saggio “Cibernetica e fantasmi”), e per la sua idea di romanzo come progetto, costruzione. E il suo insegnamento mi è stato molto utile nel comporre il puzzle di “Hale-Bopp”: ricordo che avevo le pareti della mia stanza tappezzate da pezzi di romanzo, e poi c’era la cartina della città di Ancona, l’albero genealogico dei protagonisti, la pianta dell’appartamento… Invece non guardo film horror: ho paura!
Quanto ai salotti letterari, non saprei che dire. Non li frequento. Ho alcuni amici scrittori a cui voglio molto bene, punto.
Sei il frontman della band Stardom, lavori nella redazione di una rivista di primo piano come Vogue. Vivi di musica e di parole scritte. C’è una interazione tra i diversi mondi?
Be’, la fonte è la stessa: sono io, per cui è inevitabile che una qualche interazione ci sia. Però molto meno di quanto si possa credere. Per esempio, i testi degli Stardom non li scrivo solo io. Anzi, molto spesso sono opera degli altri componenti della band. Oppure di un lavoro a più mani. Certo non è un caso che si suoni musica new wave con forti tonalità dark e che anche la mia scrittura abbia toni cupi, ma è sempre ben presente anche l’aspetto comico e grottesco della vita.
Puoi anticipare qualcosa dei tuoi progetti futuri?
Adesso mi concentro sul romanzo appena pubblicato e cerco di promuoverlo. Posso anticipare, però, che sto lavorando su una raccolta di racconti. Invece, per quanto rigurada la musica, dopo “Soviet della moda”, con gli Stardom stiamo registrando in questi giorni il nuovo album, previsto per la fine dell’anno… anzi, del mondo, a sentire i Maya.


Corriere Adriatico di Riccardi Gigli 12/05/2012

La provincia mostra un volto oscuro e grottesco nell'intensa opera di Riccardo Angiolani “Sotto il cielo di Hale-Bopp” edita da Foschi. Una cinematografia intensa di eventi e suspense percorre il racconto con tensione elettrica, difficile sospendere la lettura e non rimanerne catturati. L'Ancona di Angiolani e un microcosmo duro e assurdo al tempo, la città dorica perde la sua faccia rassicurante per divenire teatro degli orrori di una banda di sgangherate marionette spinte dal destino. Il fato irride i personaggi della vicenda sotto l'influsso della fredda luce della cometa Hale-Bopp algidamente splendente sulle rocambolesche disavventure di un improbabile gruppo di anti-eroi nichilisti. “Sotto il cielo di Hale-Bopp” è un'opera complessa, varia, mai banale in cui il gioco dei richiami cinematografici e del citazionismo postmoderno si equilibra con momenti di narrazione classica, specie quando gli stravaganti protagonisti della vicenda si abbandonano al ricordo. Così l'improbabile Joe Delirio, ultimo leggendario rappresentante di una progenie di dj dark estinta sul finire degli anni Ottanta, fra una Camel e l'altra, fra una birra e un'imprecazione, regala ai lettori alcune delle pagine migliori del libro, nelle quali, con intensa nostalgia racconta la scomparsa in mare dell'amato nonno pescatore. “Avvenne allora che si formò quella cosa grigia e spaventosa-disse- quel turbine che devastò il cielo e il mare. Lo ricordo come una specie di imbuto: immenso dentro le nubi nere, stretto e uncinato sulla superficie dell'acqua. Quell'imbuto fratelli era una tromba d'aria e in un attimo investì mio nonno”. Per chi volesse una copia autografa di “Sotto il cielo di Hale-Bopp” l'autore presenterà l'opera ad Ancona, presso la libreria Feltrinelli, venerdì 8 Giugno alle 18.


Il Messaggero 15/05/2012
Ancona e la cometa
di Antonio Luccarini
Le pagine del romanzo di Riccardo Angiolani “Sotto il cielo di Hale-Bopp” pubblicato da Foschi Editore, costo 16 euro, sono affollate di personaggi, ciascuno dei quali si presenta così complesso e letterariamente evocativo da meritare una narrazione esclusivamente centrata su di lui. Joe Delirio, lo sbalordito Pascal, il travestito Berto-Berta, il vecchio marinaio, il ragazzo sperduto Niccolò, il tipo feroce soprannominato “La Lince”, la disinibita Nora, la signora Zenaide con i suoi segreti, il “Tappo”, sembrano tutti appartenere al mondo deformato e deformante delle storie a fumetti, con le loro vicende paradossali, con le loro azioni anomale e fuori d’ogni regola. Poi ci si accorge che l’effetto stralunato delle loro strampalate storie, narrate durante il passaggio della cometa “Hale-Bopp” nei nostri cieli, in un preciso momento storico, è soprattutto l’esito di una scrittura che si muove secondo modalità tutte personali, capace di spostare all’improvviso i toni ed i ritmi narrativi, mutando atmosfere e linguaggio, passando repentinamente, senza soluzione di continuità, dal comico all’horror, dal lirico al grottesco. E allora ci si rende conto facilmente che il materiale raccontato appartiene alle nostre mitologie urbane, frutto della elaborazione fantasiosa di sonnacchiose ed estenuate pratiche quotidiane: sono le figure che popolano i sogni e gli incubi di ogni città di provincia, assediata da perimetri escludenti, da confini apparentemente invalicabili. Si fa presto a diventare personaggio, mito, grottesca macchietta, figura da carta dei tarocchi, nelle nostre periferie territoriali, nell’asfittico vivere chiuso da orizzonti limitati. La cometa portatrice di sfortuna diventa il segno più vistoso delle angosce e delle paure del vivere marginale, sempre alle prese con le incompiutezze che l’esistenza consegna a tutti noi. L’effetto più sorprendente è la descrizione di una inedita Ancona notturna che fa da sfondo un po’ misterioso e un po’ ambiguo a storie sospese tra il divertente e il maledetto. Scorci reali, autentici paesaggi della nostra città che vengono trasformati e modificati in una sorta di effetto anamorfico dalla presenza di personaggi e di gesti del tutto eccentrici. Una bella prova, interessante e ardita nella sua costruzione, che tenta a suo modo anche di interpretare cadute e slanci di un certo momento del nostro recente passato e della generazione che ne è rimasta più fortemente segnata.

Horror.it  05/2012
www.horror.it/a/2012/05/sotto-il-cielo-di-hale-bopp-riccardo-angiolani

SOTTO IL CIELO DI HALE-BOPP – Riccardo Angiolani
di Simona Bonanni

Interessante romanzo “gotico provinciale” con risvolti pulp-gore per un altrettanto interessante collana diretta da Eraldo Baldini per l’editore Foschi.
L’autore Riccardo Angiolani, con un background di musicista, DJ e scrittore, formatosi nella cultura underground degli anni ’80 – che in questo suo scritto ha il suo bel ruolo – imbastisce una storia fatta di piccoli drammi personali, contrasti politici di periferia e vita piatta da piccola cittadina nell’Ancona di fine anni ’90, mentre in cielo scivola la nefasta cometa di Hale-Bopp, e un destino delirante e allucinato comincia pian piano a spingere i personaggi verso un viaggio senza ritorno.
Joe Delirio, Berto/Berta e Pascal sono i protagonisti di un’avventura che inizia con un tipico colpetto da dilettanti che ha quasi del mitologico (il furto di un naso d’oro che arriviamo a dubitare possa realmente esistere), e che per una pessima concatenazione di eventi finisce per infognarsi in una spirale assurda di violenza, mentre tutto attorno a loro si trasforma in  un incubo impregnato di sangue, materia cerebrale e amputazioni. La tragedia esplode all’improvviso, come un calcio in faccia, e si costruisce in un’alternanza di visionari flashback che aumentano la sensazione di claustrofobia e angoscia.
Angiolani affonda a piene mani nei suoi ricordi di Ancona, nei tratti più spregiudicati della vita notturna, tra musica gothic anni ’80 e centri sociali, nell’horror di serie B, quello che regala secchiate di sangue senza un preciso perché, nell’assurdo tarantiniano. Tratteggia con gusto personaggi “tipo” che muove all’interno di una scacchiera sempre più articolata, a volte perdendo in approfondimento psicologico, ma spingendo comunque con efficacia sul pedale della metafora e trasformando la sua storia, per quanto a volte appesantita da qualche cliché di troppo, una una palla di fuoco che precipita alla velocità della luce verso un tragicissimo epilogo.
La sua è una specie di fiaba pervertita, la rielaborazione di una quest medievale sporcata da tratti moderni e grigiamente cittadini, in cui gli eroi diventano dei problematici bulletti frustrati e disadattati, e ogni personaggio perde la sua patina d’innocenza e vive ai margini della vita, pronto ad essere semplicemente colto dal destino come una mela dall’albero delle vittime sacrificali. Un gigantesco dramma senza senso in cui ognuno è allo stesso tempo mostro e vittima, sul cui sfondo, come comete appunto, passano eventi storici e sociali altrettanto tragici.
L’autore affronta solo apparentemente un tema facile, in verità mette molta carne al fuoco (anche solo a livello subliminale) e gestisce molteplici intrecci, forse non sempre al meglio, ma con schietta sincerità d’intenti, e alla fine risulta comunque capace di rovesciarci addosso sufficiente tensione senza lasciare adito al dubbio di aver creato solo dei meri pretesti per un bagno di sangue gratuito. Per le raffinatezze stilistiche aspettiamo volentieri le sue prossime prove.
Sotto il Cielo di Hale-Bopp - VOTO: 3,5/5

Glamour Blog - Ho un libro in testa 15/05/2012
http://hounlibrointesta.glamour.it/2012/05/15/riccardo-angiolani-vi-racconto-sotto-il-cielo-di-hale-bopp/
di Chicca Gagliardo
Riccardo Angiolani: vi racconto “Sotto il cielo di Hale-Bopp”
Incontriamo Riccardo Angiolani che ci racconta come e perché ha scritto Sotto il cielo di Hale-Bopp, un romanzo nato sotto il segno di una misteriosa stella cometa che ci pone una domanda: la verità è quella che vediamo da vicino o quella che vediamo da lontano?
Alla fine, Riccardo ci fa leggere anche un capitolo del suo libro. Buona lettura.

IL CAOS DELLA PROSPETTIVA
 di Riccardo Angiolani


Siamo nella primavera del 1997 e in quella porzione di Universo visibile dalla tranquilla città di Ancona sfreccia luminosa la cometa di Hale-Bopp, portatrice di sventure, come vogliono alcune dicerie popolari, o forse solo freddo astro celeste, indifferente alle faccende di noi umani. Intanto, in quella stessa minuscola porzione di Terra, si consumano tragiche e comiche avventure, si bruciano amori, si perde il senno, si celebrano strani riti, si ingaggiano inseguimenti e si compiono sgangherati omicidi. Un vortice di eventi messo in moto dai tre protagonisti della storia – il dj/scrittore Joe Delirio, il delinquentello Pascal e il travestito Berto/Berto – che s’intrufolano, nottetempo, nell’appartamento dell’anziana Zenaide Mustacci per recuperare uno strano amuleto.
In “Sotto il cielo di Hale-Bopp”, il mio romanzo uscito in queste settimane per i tipi di Foschi editore, la narrazione degli eventi non segue il filo cronologico, ma si dipana seguendo gli accadimenti di storie che si incrociano, ognuna delle quali porta avanti una porzione della storia principale, sfasandone in questo modo l’ordine temporale. Così, la domanda che deve porsi il lettore non è “Come andrà a finire?”, quanto, piuttosto: “Come e perché si è finiti dove si è finiti?”. Perché in fondo è questo la vita: una sequenza caotica di eventi capaci di sopraffarci, come succede ai personaggi del romanzo, e che spesso ci costringe a chiederci, spaesati e spaventati: «Ma come sono finito in questa situazione?». E questi eventi ci appaiono tanto più caotici e terribili, quanto più ne siamo protagonisti (non di rado anche involontari). Eppure, è sufficiente allontanarsi un po’, guardare il tutto da una certa distanza (spaziale o temporale), con un certo distacco e, come per magia, ecco apparire i gangli che tengono insieme le cose, gli eventi; e il mondo, che prima sembrava impazzito, riacquista, se non un senso, almeno un ordine, una spiegazione (magari di superficie) e anche una logica, per quanto talvolta stramba, inaccettabile, dolorosa. Mi viene in mente una frase di Italo Calvino, da “Il sentiero dei nidi di ragno”: «Ma è notte e le lucciole emettono intermittenti bagliori; meravigliose bestie, se viste da lontano; schifose anche loro, se viste da vicino». Ora la domanda che segue è: ma la verità è quella che vediamo da vicino o quella che vediamo da lontano? Il mondo è davvero il caos che ci investe senza pietà quando lo vediamo dal di dentro, oppure siamo noi incapaci di dare a esso un ordine perché troppo coinvolti/travolti e quindi la verità è la logica che si riesce a trovare solo guardando quegli stessi accadimenti da lontano, con la freddezza del tecnico, dell’investigatore? Pormi questa domanda è già stato faticoso; non chiedetemi di trovarne la risposta.